01 marzo 2011

Come chiamarli?
"Subnormali": è mostruoso. Infatti, la "norma" al di sotto della quale sarebbero è il "profitto". Non possono rendere come gli altri, dunque...
"Handicappati": è irriverente. Mica sono dei cavalli da corsa che partono svantaggiati con un carico in groppa.
"Debili": è ingiusto, perché se sai ascoltarli, si rivelano pieni di forza.
"Invalidi": non va. Mi pare di mancare di rispetto alla loro dignità personale, al valore, appunto, che ha ogni persona.
"Minorati": è di una indelicatezza fenomenale.
"Diversi": non è preciso, perché ogni individuo è diverso dall'altro. Non c'è neppure un filo d'erba che sia uguale ad un altro filo d'erba.
"Impediti": è forse più fine, ma non è esatto del tutto. Dalle risposte, che danno o dalle rughe eloquenti del volto o dai loro gridi e gemiti o sorrisi o gesti di compatimento, se non ci comportiamo bene, o dai lavori che fanno, manifestano una libertà di movimenti invidiabile.
Forse è meglio chiamarli "feriti" più che dentro nella loro struttura, fuori dalla società che li schiva.
Ogni etichetta, specie nei loro confronti, ha un tono falso.
L'ideale è di chiamarli ciascuno per nome. Con affetto. Senza preconcetti. Con fiducia, disposti ad imparare da loro.
Sono, infatti, dei buoni maestri di vita.

[da Giovanni Maria Colombo, "L'intelligenza delle cose"]