02 luglio 2007

Il Perchè - da "La filosofia in quarantadue favole" (E. Bencivenga)

Le testuggini uscirono dall’oceano e si fecero largo a tentoni fra gli scogli. Oltre la roccia viva si aprì una distesa di sabbia candida, fino alla grotta. Una grotta simile a quella dove mesi prima avevano deposto le uova, solo che stavolta di uova non ce n’erano. Stavolta sembrava non esserci nessun motivo.
Procedevano lentamente, a centinaia. Barcollavano sulle piccole zampe, trascinando a fatica gli scudi bruni, guardando fisso davanti a sé. Non avevano una guida, un condottiero; si muovevano ciascuna per conto suo, eppure in totale armonia. Si fermavano, di tanto in tanto, per riprendere fiato, e poi ripartivano tutte insieme, senza lanciarsi un segnale, senza nemmeno adocchiarsi di sbieco, senza mai perdere di vista la meta: quell’angolo d’ombra nel chiarore accecante del mattino inoltrato, quella promessa di refrigerio al culmine di un pendio sorprendentemente scosceso. Tutto intorno era silenzio, appena segnato da una quieta, timida risacca, reso ancora più avvolgente e compatto dal grido occasionale di un gabbiano, in lontananza, in un altro mondo di cui non valeva la pena curarsi.
Finalmente arrivarono e si affollarono presso la bocca dell’antro. Non volevano varcarla; si girarono e rimirarono la sponda dell’oceano, e l’orizzonte, per ore. Acquattate l’una vicina all’altra sembravano un unico corpo, uno scudo gigantesco e immobile nell’avanzare del crepuscolo.
Perché si erano mosse? Perché chiunque fa qualsiasi cosa? Forse perché un giorno l’aria ti colpisce con una fragranza diversa, perché la luce si spezza per un attimo in un effimero arcobaleno; e allora sai che devi partire, uscire dall’acqua, attraversare gli scogli, arrampicarti nella sabbia.

:-)

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